I luoghi di culto

Ultima modifica 14 aprile 2021

Le abitazioni del castello sono adagiate a scalinata quasi semicircolare e quasi tutte sui fianchi a mezzogiorno e ponente di un colle che un dì sul suo altipiano aveva l’antico castello con la fortezza ed oggi è la chiesa di S. Pietro Apostolo. Questa chiesa nei secoli passati era di proprietà del comune ed aveva il titolo di Pievania. Nel 1603, demoliti alcuni bastioni che le stavano vicini, fu riedificata dalle fondamenta ed in seguito fu eretta a Collegiata. Ha pregevoli arabeschi e bassorilievi dello scultore settecentista Stefano Interlenghi, nativo di Montottone. Sotto questa chiesa, con una facciata sulla via principale, è l’attuale teatro, una volta palazzo del governo. In esso infatti risiedeva il Governatore dello Stato Ecclesiastico. A quei tempi era ornato da belle pitture, di imprese ed armi di vari Pontefici e delle insegne dei Governatori. Nella facciata dell’edificio erano un trave, un anello ed altri arnesi coi quali si torturavano i rei, come dice una lapide postavi dal Municipio nel 1850 in occasione del restauro della facciata:

“Era qui il luogo
ove si torturavano i rei
quando dal 1538 al 1547
risiedevano in M. Ottone
i governatori
dello stato fermano”

Sul pendio a ponente è l’antichissima chiesa dedicata al SS. Salvatore, che sembra risalire al XIII secolo; aveva finestre strettissime e alte che sembravano feritoie ad imitazione delle catacombe. Al centro dell’abitato c’è la maestosa chiesa di S. Maria, una volta molto più piccola e proprietà privata di tal Brancadori o d’una tal Maria Bianca. Poco lontano è una cisterna costruita, secondo gli esperti, nel secolo XV. In tutti i castelli vicini non v’è nulla di simile; essa fu murata con una grandiosità degna d’una grande città, con molti e spaziosi serbatoi sotterranei, muniti d’una via interna che permette di girarli interamente. Questa cisterna doveva dissetare tutta la popolazione nei periodi di siccità e durante i frequenti e lunghi assedi. Fuori porta Romana verso ovest, molto vicino ad un dirupo, sono i resti di una chiesa presso la quale era un monastero di monache, in favore delle quali tra il 1300 e il 1430 furono fatti molti lasciti. Ma essendo tali suore – forse Clarisse – fuori dalle mura e perciò esposte alle scorrerie e all’insolenza dei masnadieri del tempo, il 25 febbraio 1431 si aggregarono al convento delle Vergini di Fermo. Sullo stesso versante ovest sono le fabbriche delle stoviglie, delle quali c’è memoria fino in documenti del 1200 e che tuttora sono una prerogativa di Montottone.
Ad est del paese, su un’altura – circondata da una selva – che solo i monaci del tempo seppero scegliere così ben esposta ed amena, “a cavaliere” di Montottone, sorge massiccio e maestoso il convento di S. Francesco con omonima chiesa, che in antico era dedicata a S. Maria dell’Annunziata extra muros. Così risulta da una bolla di Urbano V.(1362–1370). La chiesa, nel 1351, fu ampliata, e nel 1767 restaurata completamente, ornata con statue in plastica dell’Interlenghi e addobbata sfarzosamente. D’autore è il quadro in tela posto sull’altare maggiore. II coro è un elegantissimo lavoro in tarsia fatto con “radicone dure e bronchiose” dall’artista Gaetano Mircoli da Monterubbiano. La porta principale è in pietra d’Istria, forse lavoro del XIV secolo; sui capitelli ornati da foglie sono due leoni che affrontano due draghi. La data d’origine del magnifico convento è incerta, sicuro è soltanto che esso nel 1191 era abitato da Benedettini e che o vivo S. Francesco o poco dopo la sua morte fu donato da essi ai Frati Minori. All’entrata del paese vi era una volta una chiesa dedicata a S. Giovanni Evangelista. Si crede che fosse la più antica del castello: un’iscrizione nel muro esterno parlava d’un restauro avvenuto l’anno 1265. Fu demolita nel 1867, secondo rescritto pontificio, perché cadente e perché era divenuta “una grotta”. Vicinissima è la porta Marina, a fianco della quale era un alto torrione da cui si calava un portone di ferro per chiuderla, come in tutti i castelli del Medioevo. L’articolo è stato tratto da “Montottone” di Gabriele Nepi.